venerdì 22 giugno 2012

Breve reportage dal caldo degli appartamenti subaffittati di Pavia


Entro. Lui è nudo, sdraiato sul tavolo della cucina mentre gli prendono le misure del corpo. Un altro è appeso a un gancio che penzola dal soffitto mentre gli altri studenti lo fanno oscillare nella speranza di refrigerarlo. Siamo in una palazzina subaffittata in via Frisi 3 a Pavia, al terzo piano di terapia intensiva dove vengono riposti gli studenti brasati dai 35° all'ombra. Sono sofferenti, sfigurati per la bava d'afa e per la grave carenza di vitamine e apporto proteico. Sono ragazzi tumefatti che giacciono inerti e muti sotto le zanzariere lasciando parlare solo gli occhi.  Ma a soffire il caldo, oggi, è Pavia tutta. Infatti le carovane di ragazzi che muoiono di sete sul ciottolato infuocato davanti Annabella non si contano. E sempre più numerose sono le carcasse delle ragazze che arrostiscono urlando sul greto del Ticino. Lo stesso lamento è possibile sentirlo nei cortili dell’Università, dove vedi degli specializzandi fuori corso che arrancano faticosamente con una corda legata alle orecchie pur di far salire in superficie secchielli colmi d’acqua calati nei pozzi a una profondità di 13 chilometri. Per dare un’idea della realtà, se entrate nel cortile delle Magnolie, alla vostra destra potete osservare un dottorando che respira appena, vegliato dalla madre, con il volto irrigidito nel dolore. Qui l’atmosfera è truce. In un angolo ci sono tante mamme che preparano gli infusi per i loro figli tremebondi, fatte di acqua zuccherata, menta e orzata. C’è chi ricorda, ripassando i libri di storia, che Pavia era una terra fertile. Ora invece sempre più persone sono costrette a vivere appartati nella selva, in remote e ben nascoste riserve dell'Oltrepò dove i curiosi non sono graditi.

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